Il contesto territoriale
e l’inquadramento climatico

Il Comune di Trieste si trova all’estremità nord-orientale della penisola italiana, affacciato sulla parte più settentrionale dell’Alto Adriatico, incastonato tra la penisola italiana e quella istriana. Con i suoi 203.234 abitanti (al dicembre 2019) ed una superficie di 85,11 km² è il capoluogo della Regione Friuli-Venezia Giulia.

Nelle sezioni a seguire vengono sinteticamente descritti alcuni ambiti salienti che riguardano il contesto territoriale in cui si inserisce il comune di Trieste che sono ampiamente analizzati all’interno del PAESC.

L’analisi della situazione e degli scenari demografici è uno degli elementi fondamentali con cui si deve confrontare l’attuazione del PAESC nell’ampio processo di definizione delle politiche pubbliche locali che hanno la capacità di influenzare le abitudini e i comportamenti dei cittadini e delle aziende nei settori di interesse del PAESC, portandoli a ridurre i consumi energetici di edifici, impianti e mezzi di trasporto, traghettando il sistema verso la cosiddetta Società 5.0.
Dal punto di vista dell’andamento demografico, la popolazione del comune di Trieste, che rappresenta storicamente circa l’87% del totale presente in Provincia, ha manifestato un calo negli anni dal 2001 al 2019 attestandosi a 203.234 residenti a dicembre 2019. La densità di popolazione nel Comune di Trieste è pari 2.388 ab./km² ed è molto elevata rispetto alla media delle città italiane con popolazione compresa tra i 150.000 e i 250.000 abitanti pari a 1.229 ab./km2.


A fine 2012 l’Ufficio Comunale di Statistica di Trieste ha realizzato uno studio sull’andamento demografico della popolazione cittadina nei precedenti 15 anni per sviluppare una previsione sull’andamento della popolazione cittadina nei 15 anni successivi (ossia dal 2012 al 2026). Secondo tale studio basato su tre scenari ipotetici, caratterizzati ognuno da un determinato grado di probabilità di verificarsi (basso, medio, alto), la popolazione del comune di Trieste crescerà solo nell’ipotesi più ottimistica che prevede un tasso di fecondità più elevato, un innalzamento progressivo della speranza di vita e un saldo migratorio positivo in progressiva crescita.

Per quanto riguarda le caratteristiche demografiche della popolazione triestina, invece, prendendo a riferimento i principali indicatori statistici, si può dire che: l’indice di vecchiaia è superiore alla media nazionale, così come anche il carico sociale ed economico della popolazione non attiva (non lavoratori) su quella attiva e il grado di invecchiamento della popolazione in età lavorativa.

Alla luce di ciò, considerando il recente avvio del recupero dell’area di Porto Vecchio, è lecito immaginare un lieve aumento di popolazione residente negli anni a venire.

Il Catasto energetico regionale degli edifici rappresenta un importante strumento conoscitivo per monitorare le caratteristiche energetiche del patrimonio edilizio della regione e per individuare le misure da promuovere per migliorare l’efficienza energetica degli edifici sia a livello regionale che locale. Dall’analisi dei dati raccolti nel catasto si evincono le seguenti caratteristiche per quanto riguarda l’edilizia del territorio:
  • gli edifici appartengono maggiormente al settore privato, per lo più abitazioni private con classi energetiche G ed F;
  • il periodo di costruzione in cui si ha il maggior numero di edifici costruiti va dal 1960-1975;
  • l’edificio isolato e l’edificio in linea sono le tipologie edilizie maggiormente presenti;
  • le tipologie costruttive maggiormente utilizzate sono quelle in muratura portante e calcestruzzo armato con chiusure in laterizi.
Il numero di interventi edilizi eseguiti in ambito comunale nel periodo 2002 – 2019 è stato complessivamente pari a 1.723 di cui 175 di demolizione e ricostruzione, 344 ampliamenti, 1.266 nuove costruzioni.

Un ulteriore approfondimento è stato fatto osservando i dati del catasto degli impianti termici presenti nel territorio comunale. Si osserva la presenza di 139 impianti centralizzati attivi ed alimentati a gasolio, di potenza compresa tra i 23 e i 1.915 kW. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, tali impianti sono installati prevalentemente in zone metanizzate e solo 19 di essi hanno potenza nominale minore o uguale a 100 kW.

Sulla base di questa analisi, è evidente l’urgente necessità di rinnovamento del parco edilizio pubblico e privato finalizzata al contenimento dei consumi energetici per riscaldamento e raffrescamento. Tale azione complessiva dovrà puntare a ridurre le emissioni di CO2 del settore di almeno il 40% entro il 2030.

Il parco veicoli circolante nel territorio comunale, analizzato sulla base dei dati contenuti nella sezione open data della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia e dal sito dell’ACI, evidenzia un aumento nel numero dei veicoli circolanti. Il contributo maggiore riguarda la tipologia autovettura pari a 108.381 unità nel 2019 (di cui la quota più alta è di classe EURO 4). Seguono i motocicli pari a 42.351 unità 2019 (di cui la quota più alta è di classe EURO 3)

La maggior parte dei veicoli immatricolati appartiene alla categoria delle autovetture a benzina per il trasporto di persone, seguita dalla categoria dei motocicli per trasporto persone a benzina e dalle autovetture per trasporto persone a gasolio. È interessante notare che nei veicoli ad alimentazione esclusivamente elettrica, spiccano per numero i motocicli per trasporto di persone, con 50 unità rispetto alle 39 unità rappresentate dalle vetture per trasporto di persone.

Da questa analisi risulta urgente da un lato lo sviluppo delle mobilità elettrica ad emissioni locali zero dall’altro la modifica dello sharing modale: è necessario puntare a una diversa ripartizione dei mezzi di trasporto utilizzati e scelti dai cittadini e dai pendolari per i propri spostamenti quotidiani, assicurando anche il contenimento dei consumi e dei potenziali impatti climatici legati alla mobilità turistica.

I consumi finali di energia nel territorio comunale possono essere documentati attraverso i dati di consumo dei diversi vettori energetici (energia elettrica, gas metano, olio combustibile, gas di petrolio liquefatto – GPL, gasolio, benzina).

Consumo di energia elettrica e gas metano

L’energia elettrica, insieme al gas metano, è uno dei due principali vettori energetici in termini di emissioni di CO2 nel territorio comunale. La serie storica dei consumi evidenzia una leggera flessione nel settore residenziale ed un andamento variabile, legato ai cicli economici, nel settore del terziario.

Seppur di poco rispetto all’energia elettrica, il gas metano è il vettore energetico più rilevante in città in termini di emissioni di CO2. Le variazioni del consumo di gas metano presentano fluttuazioni annuali legate alle condizioni climatiche invernali. Come visibile nel grafico sottostante, i consumi di gas in città sono calati molto poco rispetto al 2001. Considerando il calo demografico, la temperatura media invernale in aumento e le politiche energetiche e di incentivazione nazionali per interventi di riqualificazione energetica è possibile dire che tale andamento non è quello che ci si aspetterebbe.

Entrambi i trend non sono in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione imposti dalla Commissione Europea assunti con la firma del Patto dei Sindaci. I consumi di energia elettrica e gas nel 2019 sono inferiori rispettivamente del 2% e del 12% rispetto a quello del 2001. Per rispettare l’obiettivo del PAESC sarà necessario ridurre tali consumi di almeno un ulteriore 38% per quanto riguarda l’energia elettrica, del 28% per quanto riguarda il gas, entro il 2030.

Consumo di prodotti petroliferi

I prodotti petroliferi, pensando soprattutto al settore dei trasporti, sono i vettori energetici che hanno subito la flessione maggiore dal 2001 ad oggi. I combustibili petroliferi considerati nell’analisi sono il gasolio (per riscaldamento e per veicoli), la benzina, il GPL e l’olio combustibile. Ad oggi il dato di consumo complessivo risulta essere inferiore del 30% rispetto al 2001.I motivi sono di varia natura, ma imputabili principalmente all’aumento di efficienza dei motori dei veicoli privati e alla sostituzione degli impianti termici a gasolio e a olio combustibile con quelli a metano.

La produzione di energia elettrica nel territorio comunale è data fondamentalmente dal Termovalorizzatore (quota pari a 103.317 MWh nel 2019) e dagli impianti fotovoltaici pubblici e privati, la cui diffusione è iniziata nel corso del 2007 con l’introduzione degli incentivi “Conto Energia”.

Il numero complessivo di impianti fotovoltaici presenti a Trieste, dato rilevato al settembre 2020 è pari a 1.080, con una produzione di energia pari a 19.645 MWh. Tale numero, dovuto ad una serie di fattori strutturali, quali ad esempio la presenza di numerosi vincoli paesaggistici, la presenza della bora che richiede una valutazione dei carichi strutturali dovuti ai sistemi di ancoraggio, la difficoltà ad usufruire dell’energia prodotta per le unità condominiali, è basso rispetto a quanto si potrebbe realizzare e lascia spazio a una grandissima potenzialità di intervento.

Si ritiene che le future opportunità di riduzione delle emissioni di CO2 potranno arrivare in parte da una crescita della produzione di energia da impianti fotovoltaici, ma dovranno altresì essere ricercate soprattutto in altre forme di risparmio energetico, come ad esempio nella riduzione dei consumi energetici per la climatizzazione degli edifici pubblici e privati e nella riduzione dei consumi per i trasporti, usufruendo degli strumenti di incentivazione pubblici, come ad esempio il superbonus 110, le detrazioni fiscali ed il conto termico e ricorrendo a sistemi di mobilità sostenibili.

Le tendenze climatiche in Friuli-Venezia Giulia mostrano che a partire dagli anni 1970 è iniziato un continuo e progressivo aumento delle temperature medie, che ha subito un’accelerazione negli ultimi decenni. Di conseguenza, sono aumentati sia la frequenza che l’intensità di giorni di caldo estremo (giorni dove le massime superano i 30 °C), passando da una media annuale di 30 degli anni ’90, a quasi 50 nel periodo più recente. Per quanto riguarda le precipitazioni, data la grande variabilità inter-annuale di questo fenomeno meteorologico, la tendenza è meno chiara. Rilevante, invece, è la riduzione di criosfera che si denota in Friuli-Venezia Giulia negli ultimi 30 anni. Infine, bisogna considerare l’effetto del cambiamento climatico sui mari del Friuli-Venezia Giulia. Infatti, siccome il bacino dell’area costiera è poco profondo, esso è fortemente influenzato dalle condizioni atmosferiche e dall’apporto di acque fluviali dall’entroterra. Si ritiene, pertanto, che analogamente con il riscaldamento della superficie terrestre ci sia stato un lieve aumento delle temperature e della salinità del mare. Inoltre, a causa dell’aumento di volume dovuto al riscaldamento della massa d’acqua e dello scioglimento di ghiacciai a livello globale, si è registrato un constante e progressivo aumento del livello del mare che ha raggiunto +20 cm rispetto ai valori di inizio secolo scorso. Questo aumento combinato a determinate condizioni meteorologiche, hanno portato all’aumentare della frequenza e dell’intensità di fenomeni di infiltrazione costiera del mare che hanno causato danni ingenti negli scorsi anni sulle coste del Friuli-Venezia Giulia.

Le proiezioni climatiche indicano che, a seconda dello scenario di riferimento, entro il 2100 in Friuli-Venezia Giulia assisteremo ad un aumento delle temperature medie che oscilla tra 1,3 °C e 6,0 °C rispetto alla media di riferimento 1976-2005. Per quanto riguarda le precipitazioni, le proiezioni indicano un aumento delle precipitazioni invernali fino al 30%, ed una riduzione delle precipitazioni estive sempre fino al 30% entro il 2100 rispetto al periodo di riferimento 1976-2005. Una brevissima riflessione basata su questa distribuzione delle piogge potrebbe suggerire che in Friuli-Venezia Giulia assisteremo ad un aumento di alluvioni, un maggior numero di eventi franosi e di straripamenti fluviali. D’estate, invece, un aumento di incendi boschivi e una riduzione della produzione agricola collinare. La criosfera continuerà a diminuire, mentre i mari diventeranno sempre più caldi, salati e acidi. Gli eventi di acqua alta aumenteranno radicalmente.

Per quanto riguarda le tendenze climatiche a Trieste, secondo la stazione meteorologica di Molo Fratelli Bandiera, dal 1995 al 2019 le temperature medie sono aumentate di 1 °C, mentre i giorni di caldo estremo sono raddoppiati fino ad arrivare a più di 20 eventi all’anno negli ultimi anni. Le precipitazioni cumulate hanno mostrato molta variabilità inter-annuale, mentre i giorni di precipitazione estrema sono leggermente aumentati. I giorni particolarmente secchi non hanno mostrato tendenze. Al contrario, sembrerebbe che siano aumentati radicalmente sia i giorni di vento forte (>80 km/h) che di vento estremo (>100 km/h), da 15 a quasi 50 eventi all’anno di vento forte, e da 2 a 15 eventi all’anno di vento estremo. Dal 1940 ad oggi, il livello medio del mare sembrerebbe sia aumentato di circa 12 cm, così come gli eventi di acqua alta, in media da 2 a 3 eventi all’anno. Al contrario, sembrerebbe siano diminuiti radicalmente il numero e l’area colpita da incendio boschivo. Gli eventi franosi sono perlopiù concentrati in determinate zone di Trieste, però rimane sconosciuto se si sia verificato un aumento o una diminuzione negli ultimi anni.

rischi e le vulnerabilità ambientali dunque connessi al territorio comunale e legati al clima sono in prevalenza costituiti da:

  • Un aumento di frequenza ed intensità delle ondate di calore estive, ma anche da un generale aumento delle temperature medie durante tutto l’anno;
  • Fenomeni di vento forte e vento estremo, soprattutto durante la stagione autunnale ed invernale, fenomeni tipici per il contesto territoriale ma che sono andati ad intensificarsi negli ultimi anni;
  • Da un aumento del livello medio del mare che ha portato all’aumentare di fenomeni di acqua alta, avvertiti principalmente nel centro storico di Trieste;
  • Dalla variazione del regime delle precipitazioni, che hanno compreso sia un leggero aumento del fenomeno delle precipitazioni estreme che di eventi siccitosi;
  • Da eventi di incendio boschivo e dissesto idrogeologico, fenomeni non particolarmente prevalenti negli ultimi anni, ma propensi ad aumentare a causa di cambiamenti climatici in corso.