Relazione del progettista

Fratelli Alinari, Canale del Ponterosso, [1898] F37

Piazza S. Antonio, insieme al canale del Ponte Rosso, costituisce uno dei luoghi simbolo, centrali nell’urbanistica e nell’architettura della città di Trieste. E’ un’icona, una delle immagini da cartolina che più sovente vengono utilizzate per descrivere ed illustrare la città e il Borgo Teresiano, il suo quartiere maggiormente rappresentativo. Il luogo risale agli inizi del 1800. La chiesa, di Pietro Nobile, viene realizzata ad immagine del mondo classico, è un modello di modelli. La struttura, i “dati schematici” dell’architettura, il tipo, il partito architettonico, conducono inevitabilmente alla classicità di riferimento nella costruzione dell’immagine urbana di cui la città si appropria. Sono l’utilizzo della finestra termale nei fronti laterali, i metodi costruttivi, i procedimenti tecnici e stilistici, come pure la compattezza muraria, gli elementi che pongono l’edificio a verifica dei modelli autentici. Il pronao esastilo di ordine ionico rimanda quindi al tempio di Atena Poliate di Atene, come agli studi di Giuseppe Valadier sulla classicità, e ancora, influenze possono essere viste, esplicitamente, nel Pantheon e nella Basilica di Massenzio.

Si potrebbe dire che, per quanto riguarda il luogo, lo stesso interpreti magistralmente gli insegnamenti vitruviani in una disposizio delle parti: l’impianto planimetrico, gli alzati, la scenografia, che conferiscono un’immagine inalterabile al contesto. A un contesto fatto di edifici composti ed eleganti, tra i quali nessuno emerge. E’ da queste considerazioni che nascono le idee del disegno di piazza S. Antonio, idee diverse, ma che tutte vogliono porsi in continuità con gli insegnamenti dei Maestri del Restauro: l’atteggiamento vuole essere quello dell’Alberti per il Tempio Malatestiano di Rimini, e dello stesso Valadier per l’Arco di Tito e il San Paolo fuori le Mura, un atteggiamento che, riprendendo gli insegnamenti di Viollet le Duc, reinterpreti nel contemporaneo lo spazio antico. Così non solo l’approccio progettuale, in continuità formale con la generalità del borgo, ma anche l’utilizzo dei materiali più idonei ricercano congruenza, pacatezza, solidità, continuità nel rinnovamento. Alla piazza viene conferito carattere di “piazza”, decoro, usabilità corrispondente al tema e alle necessità. Nel disegno planimetrico viene ripreso il ritmo del colonnato che disegna, nella pavimentazione in arenaria, geometrie conosciute (in tutte e quattro le proposte presentate) e in continuità con l’immagine della città. Il progetto non ricerca scalpore o trasgressioni gratuite. Ricerca compostezza. Ricerca anche, come nel caso di eloquenti casi analoghi: Place Vendome a Parigi, piazza Montecitorio a Roma, piazza del Plebiscito a Napoli, la mimesi. Non è un caso che la genesi del progetto parta dall’analisi della natura di alcuni luoghi simbolici, figli di vedute prospettiche, di spazi storici eloquenti: l’Agorà di Assos, piazza San Marco, ecc. O di architetture omologhe, possibili matricio del fronte della Chiesa di S. Antonio progettata da Pietro Nobile, tra tutte, il Tempio di Atena Poliade.

Sono state impostate e valutate alcune ipotesi progettuali al fine di individuare, tra più soluzioni, quella che presentava il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività, in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e alle prestazioni da fornire.

L’idea di partenza è stata quella di valorizzare il vuoto, la preesistenza, le autorevoli architetture affacciate sulla piazza. Di enfatizzare, in qualche modo, il “senso di appartenenza” formale del luogo alla città e ai suoi caratteri architettonici. Di definire, o forse ri-definire nella piazza, l’idea della città di Trieste, l’idea del luogo, piazza Sant’Antonio, l’idea di rappresentazione della piazza e della sua memoria.

Di definire il vuoto, i vuoti tra i volumi edificati.

Lavorando su immagini e materia, sulle textures storiche, con i magisteri del luogo, cercando di ristabilire il ruolo “politico” dell’architettura pubblica.

Di enfatizzare il significato di spazio pubblico, di architettura civile per la città.

Di definire uno spazio omologo a quello di piazza San Marco per Venezia, dell’Agorà per Assos, della piazza antistante la Gran Madre per Torino, di piazza Plebiscito a Napoli. Rivisitando le “esperienze” urbane della piazza e del canale, in una rinnovata visione. Una sorta di ripresa voluta dell’atmosfera preesistente, proiettata nel futuro. Una ripresa della “memoria” del luogo, relazionando il progetto al contesto, valorizzando il paesaggio urbano. Contesto, spazio, forma, memoria delle preesistenze sono dunque le parole chiave su cui il progetto si fonda. Disegnando uno spazio adattabile alle esigenze, e quindi multifunzionale, per e di tutti, confortevole, dove vivere bene, socializzare.

Concependo l’architettura, il progetto di architettura, un’estensione della vita dei cittadini.

Architetto Maurizio Bradaschia​