Progetto di fattibilità tecnica ed economica

febbraio 2019

progettista
prof. arch. Maurizio Bradaschia – progetto architettonico (coordinamento)

collaboratori
dott. ing. Massimiliano Modena
dott. Alessandro Fuchs

L’art.23 del DECRETO LEGISLATIVO 18 APRILE 2016, N. 50, Codice dei contratti pubblici. (GU n.91 del 19/4/2016 – s.o. n.10) come modificato da:

– DECRETO LEGGE 30 dicembre 2016 n. 244, in GU n.304 del 30/12/2016, in vigore dal 30/12/2016- DECRETO LEGISLATIVO 19 aprile 2017, n. 56 in GU n.103 del 5/5/2017 s.o. n. 22, in vigore dal 20/5/2017, disciplina la progettazione in materia di lavori pubblici articolandola, secondo tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, in progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo ed è intesa ad assicurare:

  1. ) il soddisfacimento dei fabbisogni della collettività;
  2. ) la qualità architettonica e tecnico funzionale e di relazione nel contesto dell’opera;
  3. ) la conformità alle norme ambientali, urbanistiche e di tutela dei beni culturali e paesaggistici, nonché il rispetto di quanto previsto dalla normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza;
  4. ) un limitato consumo del suolo;
  5. ) il rispetto dei vincoli idrogeologici, sismici e forestali nonché degli altri vincoli esistenti;
  6. ) il risparmio e l’efficientamento ed il recupero energetico nella realizzazione e nella successiva vita dell’opera, nonché la valutazione del ciclo di vita e della manutenibilità delle opere.
  7. ) la compatibilità con le preesistenze archeologiche;
  8. ) la razionalizzazione delle attività di progettazione e delle connesse verifiche attraverso il progressivo uso di metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture;
  9. ) la compatibilità geologica, geomorfologica, idrogeologica dell’opera;
  10. ) accessibilità e adattabilità secondo quanto previsto dalle disposizioni vigenti in materia di barriere architettoniche.

Nello specifico, il progetto di fattibilità tecnico economica individua, tra più soluzioni, quella che presenta il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività, in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e prestazioni da fornire. …Il progetto di fattibilità è redatto sulla base dell’avvenuto svolgimento di indagini geologiche e idrogeologiche, idrologiche, idrauliche, geotecniche, sismiche, storiche, paesaggistiche ed urbanistiche, di verifiche preventive dell’interesse archeologico, di studi preliminari sull’impatto ambientale e evidenzia, con apposito adeguato elaborato cartografico, le aree impegnate, le relative eventuali fasce di rispetto e le occorrenti misure di salvaguardia deve, altresì, ricomprendere le valutazioni ovvero le eventuali diagnosi energetiche dell’opera in progetto, con riferimento al contenimento dei consumi energetici e alle eventuali misure per la produzione e il recupero di energia anche con riferimento all’impatto sul piano economico-finanziario dell’opera; indica, inoltre, le caratteristiche prestazionali, le specifiche funzionali, le esigenze di compensazioni e di mitigazione dell’impatto ambientale, nonché i limiti di spesa, … dell’infrastruttura da realizzare ad un livello tale da consentire, già in sede di approvazione del progetto medesimo, salvo circostanze imprevedibili, l’individuazione della localizzazione o del tracciato dell’infrastruttura nonché delle opere compensative o di mitigazione dell’impatto ambientale e sociale necessarie.Il progetto di che trattasi, che prevede la riqualificazione di piazza Sant’Antonio a Trieste, si basa su tali presupposti.

Lo stesso è figlio di attente valutazioni che, congruentemente con le esigenze della committenza, cerca di riqualificare uno degli ambiti urbani di maggiore pregio della città di Trieste. Piazza S. Antonio, insieme al canale del Ponte Rosso, costituisce uno dei luoghi simbolo, centrali nell’urbanistica e nell’architettura della città di Trieste.
E’ un’icona, una delle immagini da cartolina che più sovente vengono utilizzate per descrivere ed illustrare la città e il Borgo Teresiano, il suo quartiere maggiormente rappresentativo.Il luogo risale agli inizi del 1800. La chiesa, di Pietro Nobile, viene realizzata ad immagine del mondo classico, è un modello di modelli.La struttura, i “dati schematici” dell’architettura, il tipo, il partito architettonico, conducono inevitabilmente alla classicità di riferimento nella costruzione dell’immagine urbana di cui la città si appropria.Sono l’utilizzo della finestra termale nei fronti laterali, i metodi costruttivi, i procedimenti tecnici e stilistici, come pure la compattezza muraria, gli elementi che pongono l’edificio a verifica dei modelli autentici.
Il pronao esastilo di ordine ionico rimanda quindi al tempio di Atena Poliate di Atene, come agli studi di Giuseppe Valadier sulla classicità, e ancora, influenze possono essere viste, esplicitamente, nel Pantheon e nella Basilica di Massenzio.Si potrebbe dire che, per quanto riguarda il luogo, lo stesso interpreti magistralmente gli insegnamenti vitruviani in una disposizio delle parti: l’impianto planimetrico, gli alzati, la scenografia, che conferiscono un’immagine inalterabile al contesto.A un contesto fatto di edifici composti ed eleganti, tra i quali nessuno emerge.
E’ da queste considerazioni che nascono le idee del disegno di piazza S. Antonio, idee diverse, ma che tutte vogliono porsi in continuità con gli insegnamenti dei Maestri del Restauro: l’atteggiamento vuole essere quello dell’Alberti per il Tempio Malatestiano di Rimini, e dello stesso Valadier per l’Arco di Tito e il San Paolo fuori le Mura, un atteggiamento che, riprendendo gli insegnamenti di Viollet le Duc, reinterpreti nel contemporaneo lo spazio antico.Così non solo l’approccio progettuale, in continuità formale con la generalità del borgo, ma anche l’utilizzo dei materiali più idonei ricercano congruenza, pacatezza, solidità, continuità nel rinnovamento.

Alla piazza viene conferito carattere di “piazza”, decoro, usabilità corrispondente al tema e alle necessità.Nel disegno planimetrico viene ripreso il ritmo del colonnato che disegna, nella pavimentazione in arenaria, geometrie conosciute (in tutte e quattro le proposte presentate) e in continuità con l’immagine della città.Analogamente a interventi recenti come quello di Huet per piazza dell’Unità, o alla ripavimentazione di molte delle vie pedonali che qui confluiscono, il progetto non ricerca scalpore o trasgressioni gratuite. Ricerca compostezza.Ricerca anche, come nel caso di eloquenti casi analoghi (Place Vendome a Parigi, piazza Montecitorio a Roma), la mimesi.Un arredo sobrio e minimale completa l’intervento.L’illuminazione è delegata ai fanali che riprendono (in modi diversi) gli assi delle infilate esistenti lungo il canale a sottolineare le qualità prospettiche del luogo.Un’illuminazione a pavimento lungo i corsi in pietra calcarea sottolinea la presenza della piazza e della chiesa conferendo plasticità e profondità al colonnato.
Si tratta, per il luogo, della (re)invenzione di una piazza, di un luogo adatto al contesto. Volutamente è stato evitato l’utilizzo di vasche d’acqua (finti canali) per rifuggire l’inganno in termini culturali e favorire l’utilizzo polifunzionale del luogo, che così diviene adatto ad ospitare manifestazioni le più varie.
E ancora, in un’ottica di gestione e manutenzione corretta dei luoghi, il progetto ha ricercato la massima funzionalità nella semplicità manutentiva.

Riferimenti storici

Il progetto non ricerca scalpore o trasgressioni gratuite. Ricerca compostezza.Ricerca anche, come nel caso di eloquenti casi analoghi: Place Vendome a Parigi, piazza Montecitorio a Roma, piazza del Plebiscito a Napoli, la mimesi.Non è un caso che la genesi del progetto parta dall’analisi della natura di alcuni luoghi simbolici, figli di vedute prospettiche, di spazi storici eloquenti: l’Agorà di Assos, piazza San Marco, ecc. O di architetture omologhe, possibili matricio del fronte della Chiesa di S. Antonio progettata da Pietro Nobile, tra tutte, il Tempio di Atena Poliade.

Il disegno della piazza contemporanea

Nelle pagine che seguono sono riportati esempi realizzati di piazze contemporanee, di luoghi pubblici e ambienti urbani riconducibili al tema dell’ARCHITETTURA CIVILE. Si tratta di spazi e ambienti urbani scelti sulla base della loro “durabilità” nel tempo, dell’appropriatezza, dell’essere luoghi utilizzati dalla gente. Casi esemplari.

Le opera d’arte nello spazio contemporaneo

La valorizzazione dello spazio pubblico, da decenni, grazie alla normativa italiana sui lavori pubblici, ha consentito di inserire, nei quadri economici di progetti di opere pubbliche, una quota parte da destinare a opere d’arte.
A Trieste, un precedente esemplificativo è la scultura “neo manierista” di Carlo Borghi antistante lo stadio Grezar. Si tratta di un’opera scuoltorea che certamente accresce il valore spaziale del luogo. Così come la Minerva di Marcello Mascherini antistante i propilei della sede dell’Università di piazzale Europa o, dello stesso autore, il “cantico dei cantici” di piazza Oberdan.
Si tratta di una prassi diffusa nel mondo, che ha promosso, in luoghi come Manhattan, alcuni dei maggiori artisti contemporanei: come non pensare al celebre LOVE di Robert Indiana, o alla scultura di gruppo di quattro alberi a lower Manhattan di Jean Dubuffet, o, ancora, alla sfera di Arnaldo Pomodoro fuori dalla sede delle Nazioni Unite a New York.Ma anche il Teodelapio di Alexander Calder per Spoleto, del 1962 e la scultura di SOFTlab, per la Flatiron Public Plaza, a Manhattan – New York del 2015, la scultura intitolata “Contrappunto – Scultura modulare urbana”, opera dello scultore Massimo Ghiotti, collocata nel Giardino della Circoscrizione in corso Vercelli 15 a Torino, la “ciliegia nel cucchiaio” di Claes Oldenburg per Indianapolis, l’“aliante tra cielo e mare” di Massimo Scolari a Venezia, la “montagna di sale” di Mimmo Paladino per la piazzetta reale a Milano, e per Gibellina, ecc.

Considerazioni di carattere archeologico

L’area di progetto è ubicata al centro del Borgo Teresiano, Borgo realizzato nel XVIII secolo sulle saline che si estendevano dalla porta di Risorgo (attuale Largo Risorgo) verso nord est. L’area, bonificata, non aveva mai ospitato alcun manufatto edilizio. Si tratta, peraltro, di un’area di ritombamento del tratto terminale del canale del Ponterosso, che un tempo si estendeva fino alla chiesa di S.Antonio.

E’ quindi da escludersi, per quanto sopra riportato, qualunque interferenza di carattere archeologico.

Parimenti il progetto non prevede l’interferenza con le preesistenze ambientali, né in alcun modo le pregiudica.

Lo stato di fatto

L’attuale configurazione della piazza si presenta disomogenea e priva di qualità architettonica.

L’area di canale ritombata, antistante la chiesa di Sant’Antonio, è caratterizzata dalla presenza di una fontana della seconda metà del novecento di scarsissima qualità. Attorno ad essa una pavimentazione in pietra, in parte divelta, si presenta in maniera fortemente disomogenea rispetto alle pavimentazioni storiche triestine.

Sono presenti chiazze di verde arbustivo, che si pongono in maniera “quasi casuale” nella loro ubicazione e disomogeneità, limitando ed occludendo la vista prospettica da e verso il mare.

Rovinando pertanto una delle caratteristiche di maggiore pregio del luogo.

Attorno alla descritta piazza, le vie sono pavimentate in asfalto e dotate di marciapiedi rialzati.

L’illuminazione pubblica è affidata a pali “finto antichi” che continuano le infilate che provengono dal fronte mare.

Il luogo, nel complesso, si presenta inadatto ad un uso civile e collettivo, degradato rispetto alle aree limitrofe recuperate di recente e necessita, pertanto, di una urgente riqualificazione.

Ipotesi progettuali

Sono state impostate e valutate alcune ipotesi progettuali al fine di individuare, tra più soluzioni, quella che presentava il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività, in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e alle prestazioni da fornire.

L’idea di partenza è stata quella di valorizzare il vuoto, la preesistenza, le autorevoli architetture affacciate sulla piazza.

Di enfatizzare, in qualche modo, il “senso di appartenenza” formale del luogo alla città e ai suoi caratteri architettonici.

Di definire, o forse ri-definire nella piazza, l’idea della città di Trieste, l’idea del luogo, piazza Sant’Antonio, l’idea di rappresentazione della piazza e della sua memoria.

Di definire il vuoto, i vuoti tra i volumi edificati.

Lavorando su immagini e materia, sulle textures storiche, con i magisteri del luogo, cercando di ristabilire il ruolo “politico” dell’architettura pubblica.

Di enfatizzare il significato di spazio pubblico, di architettura civile per la città.

Di definire uno spazio omologo a quello di piazza San Marco per Venezia, dell’Agorà per Assos, della piazza antistante la Gran Madre per Torino, di piazza Plebiscito a Napoli.

Rivisitando le “esperienze” urbane della piazza e del canale, in una rinnovata visione.

Una sorta di ripresa voluta dell’atmosfera preesistente, proiettata nel futuro.

Una ripresa della “memoria” del luogo, relazionando il progetto al contesto, valorizzando il paesaggio urbano.

Contesto, spazio, forma, memoria delle preesistenze sono dunque le parole chiave su cui il progetto si fonda.

Disegnando uno spazio adattabile alle esigenze, e quindi multifunzionale, per e di tutti, confortevole, dove vivere bene, socializzare.

Concependo l’architettura, il progetto di architettura, un’estensione della vita dei cittadini.

Le ipotesi valutate preliminarmente sono quelle presentate di seguito.

La piazza viene ridefinita mediante un disegno geometrico della pavimentazione che riprende, utilizzando la pietra arenaria (recuperata in parte e in parte nuova) per la pavimentazione, e quella calcarea per i decori, il segno delle aree pedonali ripavimentate negli scorsi decenni a partire da via San Nicolò. Una sorta di rettangoli “concentrici” riprendono il disegno caratterizzante le vie pedonali del centro storico fino ad abbracciare il pronao della chiesa di Sant’Antonio.
Un’illuminazione a pavimento (impostata sulle cornici calcaree) conduce da via Filzi alla chiesa. I pali dell’illuminazione pubblica proseguono secondo le direttrici preesistenti. Lungo tali assi sono collocate panchine in pietra dal disegno contemporaneo. Non è prevista la collocazione di aree a verde.

La piazza viene ridefinita segnando e segnalando, nella pavimentazione in pietra, la preesistenza del canale.
Il disegno del canale è delimitato da un segno in pietra calcarea che contiene una semplice pavimentazione in pietra arenaria a corsi irregolari paralleli al fronte della chiesa Detti corsi sono di tre larghezze diverse.
Anche il trattamento dei corsi, di larghezza 12, 20, 40 cm, è differente a seconda della tipologia. Attorno a questa sorta di “tappeto” centrale, la pavimentazione prosegue da via filzi inclinata a 45° seguendo l’impostazione del lungo canale verso il mare.
Un ulteriore segno è dato da una cornice in pietra calcarea che delimita come un’“ombra”, la sagoma perimetrica traslata dei singoli palazzi affacciati sulla piazza. Tale cornice, spostata dai fronti di 4,5 ml, contiene una pavimentazione in arenaria ortogonale ai fronti. In tale area è prevista la collocazione dei tavolini esterni e degli arredi dei locali affacciati sulla piazza. All’esterno del riquadro corrispondente al sedime del canale, un doppio filare di alti lampioni (in continuità tipologica con quelli esistenti sulla parte bassa del canale) per l’illuminazione pubblica rimanda alla memoria degli alberi delle imbarcazioni un tempo ormeggiate sulle banchine del canale. Panchine in pietra artificiale sono collocate tra I lampioni. Altre panchine vengono realizzate lungo le vie Ponchielli e Paganini. Un doppio filare di alberi, alla cui base sono collocate idonee griglie in ghisa, doppio filare che riprende il tema/proposta già realizzato in via dell’Orologio, a fianco di piazza dell’Unità d’Italia, completa l’arredo. Anche in questa ipotesi non sono previste vasche d’acqua/fontane. Verso la via Filzi, sul lato nord, è prevista la collocazione di una scultura/opera d’arte a valorizzare lo spazio pubblico.
L’area della piazza, sul fronte via Filzi, è interdetta alla circolazione delle vetture grazie alla posa di appositi dissuasori. Sul lato opposto di via Filzi è prevista realizzata un’area per il carico/scarico della merce. I bottini per le immondizie vengono spostati dalla piazza su via Filzi, lato nord. La piazza si presenta così sgombera e aperta nella sua duplice visione prospettica.

La piazza viene ridefinita segnando e segnalando, nella pavimentazione in pietra, la preesistenza del canale. Il disegno del canale è delimitato da un segno in pietra calcarea che contiene una semplice pavimentazione in pietra arenaria a corsi irregolari paralleli al fronte della chiesa Detti corsi sono di tre larghezze diverse. Anche il trattamento dei corsi, di larghezza 12, 20, 40 cm, è differente a seconda della tipologia. Attorno a questa sorta di “tappeto” centrale, la pavimentazione prosegue da via filzi inclinata a 45° seguendo l’impostazione del lungo canale verso il mare.
Un ulteriore segno è dato da una cornice in pietra calcarea che delimita come un’“ombra”, la sagoma perimetrica traslata dei singoli palazzi affacciati sulla piazza. Tale cornice, spostata dai fronti di 4,5 ml, contiene una pavimentazione in arenaria ortogonale ai fronti. In tale area è prevista la collocazione dei tavolini esterni e degli arredi dei locali affacciati sulla piazza. All’esterno del riquadro corrispondente al sedime del canale, un doppio filare di alti lampioni (in continuità tipologica con quelli esistenti sulla parte bassa del canale) per l’illuminazione pubblica rimanda alla memoria degli alberi delle imbarcazioni un tempo ormeggiate sulle banchine del canale. 

Panchine in pietra artificiale sono collocate tra I lampioni. Altre panchine vengono realizzate lungo le vie Ponchielli e Paganini. Un doppio filare di alberi, alla cui base sono collocate idonee griglie in ghisa, doppio filare che riprende il tema/proposta già realizzato in via dell’Orologio, a fianco di piazza dell’Unità d’Italia, completa l’arredo. In questa ipotesi è prevista la realizzazione di una vasca nella posizione di quella attuale: una vasca rettangolare, rialzata a fungere da panca sui suoi bordi, riprende il tema dell’acqua come oggi esistente. La vasca, di forma rettangolare, è realizzata in arenaria. La stessa è illuminata da dentro e dotata di sistema di getti e giochi d’acqua e di ricircolo. In particolare, per quanto riguarda il complessivo disegno degli zampilli, questo è stato ricostruito cercando di trovare una coerenza tra:

  • le immagini disponibili relative alle fonti storiche delle fontane italiane;
  • le misure di portata dei singoli zampilli;
  • la tipologia di zampillo che, per la forma degli ugelli, si configura come laminare e trasparente;
  • le zone disponibili per la caduta dei getti nella vasca.

Verso la via Filzi, sul lato nord, è prevista la collocazione di una scultura/opera d’arte a valorizzare lo spazio pubblico. L’area della piazza, sul fronte via Filzi, è interdetta alla circolazione delle vetture grazie alla posa di appositi dissuasori. Sul lato opposto di via Filzi è prevista realizzata un’area per il carico/scarico della merce. I bottini per le immondizie vengono spostati dalla piazza su via Filzi, lato nord. La piazza si presenta così sgombera e aperta nella sua duplice visione prospettica.

In questa ipotesi davanti alla Chiesa di San Spiridione viene realizzata una vasca a forma quadrata. Al suo interno permane l’illuminazione. La vasca, rialzata, funge da seduta nel suo bordo. La vasca stessa è dotata di sistema di ricircolo dell’acqua.
Simile anche questa all’ipotesi F, prevede però una disposizione differente delle alberature, lasciando quindi una zona priva di verde in corrispondenza del tempio di San Spiridione. La piazza viene ridefinita segnando e segnalando, nella pavimentazione in pietra, la preesistenza del canale. Il disegno del canale è delimitato da un segno in pietra calcarea che contiene una semplice pavimentazione in pietra arenaria a corsi irregolari paralleli al fronte della chiesa.

Detti corsi sono di tre larghezze diverse. Anche il trattamento dei corsi, di larghezza 12, 20, 40 cm, è differente a sceonda della tipologia. Attorno a questa sorta di “tappeto” centrale, la pavimentazione prosegue da via filzi inclinata a 45° seguendo l’impostazione del lungo canale verso il mare. Un ulteriore segno è dato da una cornice in pietra calcarea che delimita come un’“ombra”, la sagoma perimetrica traslata dei singoli palazzi affacciati sulla piazza. Tale cornice, spostata dai fronti di 4,5 ml, contiene una pavimentazione in arenaria ortogonale ai fronti. In tale area è prevista la collocazione dei tavolini esterni e degli arredi dei locali affacciati sulla piazza. Panchine in pietra artificiale sono collocate tra le alberature. Altre panchine vengono realizzate lungo le vie Ponchielli e Paganini.
Un doppio filare di alberi, alla cui base sono collocate idonee griglie in ghisa, doppio filare che riprende il tema/proposta già realizzato in via dell’Orologio, a fianco di piazza dell’Unità d’Italia, completa l’arredo.
Verso la via Filzi, sul lato nord, è prevista la collocazione di una scultura/opera d’arte a valorizzare lo spazio pubblico.

L’area della piazza, sul fronte via Filzi, è interdetta alla circolazione delle vetture grazie alla posa di appositi dissuasori. Sul lato opposto di via Filzi è prevista realizzata un’area per il carico/scarico della merce. I bottini per le immondizie vengono spostati dalla piazza su via Filzi, lato nord. La piazza si presenta così sgombera e aperta nella sua duplice visione prospettica.


Il progetto

“…Ogni progetto, per complesso che sia nei suoi assunti e nella sua materializzazione, deve fondarsi su poche idee. Meglio ancora se su un’idea sola. Deve essere un’idea forte, chiara, immediatamente riconoscibile. E deve essere l’idea giusta: quella, cioè, che risulta dalla specificità del progetto in questione. Che lo descrive e caratterizza inequivocabilmente. Che ne forma l’essenza.
Questa, diciamolo pure: monotematicità è caratteristica di quasi tutti i grandi progetti storici: La Città nuova di Antonio Sant’Elia rappresenta l’apoteosi di una sola componente della metropoli moderna, il traffico, che diventa il generatore razionale di una “forma urbis” squisitamente romantica. La casa Malaparte di Adalberto Libera si pone come esercizio di stile nella mediterraneità, interpretata come un perenne sacrificio laico al sole e al mare e alla quale si piega ogni nozione di funzionalità, comodità o economia. La sedia S 32 di Marcel Breuer è una “pièce de résistance” costruita unicamente intorno alle caratteristiche di elasticità e “modernità” del tubo d’acciaio curvato. La Vespa di Corradino D’Ascanio materializza la risposta al quesito di come trasformare una piccola motocicletta in un veicolo protetto usando una carrozzeria autoportante.
Progetti, tutti questi che abbiamo appena elencato, semplici, elementari, in qualche modo addirittura banali. Ma banali come l’uovo di Colombo: con il senno del poi. Sono, in verità, risultati di sforzi pazienti e intuizioni folgoranti che appena formulati assumono la definitività di ciò che non poteva essere altrimenti; messaggi di lampante immediatezza ottenuti a forza di aggiustamenti continui e meticolosi; epopee avventurose e intricate racchiuse nella dimensione ellittica di un limpido epigramma. E ottengono, grazie alla loro chiarezza cristallina e essenziale concisione, lo scopo proprio di ogni grande progetto: far pensare.”.

Vittorio Magnago Lampugnani, DOMUS 741, settembre 1992 

 


 

Sono state scelte quattro ipotesi già sottoposte alla Circoscrizione ed ora alla cittadinanza per la partecipazione.
Di queste due sono prive di fontane specchi d’acqua, due presentano una vasca/fontana.

La soluzione 1 è quella che riprende, in qualche modo, il disegno delle vie pedonali del borgo teresiano, a partire dalla via S. Nicolò. Questa ipotesi prevede la ripavimentazione, la collocazione di panchine e di un’illuminazione che riprende quella esistente. Non sono previste opere a verde. La 2, invece, è maggiormente congruente con I progetti più recenti quali la sistemazione di via dell’Orologio. Viene ridefinita la pavimentazione, vengono collocate panchine in pietra simili a quelle di piazza della Borsa, vengono realizzati due filari di alberi simili a quelli di via dell’Orologio.
Queste due ipotesi sono da preferirsi rispetto alle seconde due per i più limitati costi di gestione e manutenzione, non presentando vasche/fontane.
L’ipotesi 3, simile alla 2, prevede la realizzazione di una vasca centrale, di forma rettangolare, nella posizione di quella esistente. La stessa ha i bordi rialzati e può fungere da seduta.
L’ipotesi 4 presenta anch’essa una vasca, di forma quadrata, collocata di fronte alla chiesa di San Spiridione. Quest’ultima, rispetto a quella precedente, ha il vantaggio di avere una vasca che in qualche modo separa la piazza dalla viabilità carrabile e consente un utilizzo maggiormente ampio e versatile della piazza (ad esempio per il mercato) essendo la stessa sgombra.
La vasca, inoltre, è posta geometricamente in posizione maggiormente congruente con I rapporti geometrici del luogo e fa da contraltare all’illuminazione a terra prevista di fronte a Sant’Antonio Taumaturgo.
Queste seconde ipotesi, pur maggiormente costose, hanno quale valore aggiunto la presenza dell’acqua e il mantenimento della “memoria” storica dell’elemento.

Gli impianti elettrico e idrico

L’illuminazione pubblica sarà collegata a quella esistente. Si utilizzerà, pertanto l’impianto in essere mediante adeguamento dello stesso.
Verrà recuperato e implementato, ove proposto, idoneo impianto idrico a supporto delle vasche d’acqua.

Il tema dell’acqua

La presenza dell’acqua, in ogni progetto, porta con se grandi suggestioni. Ma anche problematiche legate alla realizzazione, alla manutenzione e al costo d’esercizio.
Il progetto non ha voluto ri proporre inutili e costosissime ri aperture di canali, ripristinando forse immagini suggestive, ma di fatto prive di ragionevoli funzioni (lo spazio acqueo mercantile esistente nella città ottocentesca non ha più ragione d’essere), oltre che sottraenti spazio pubblico da destinare piuttosto a luogo ludico e ricettivo.
Oggi il canale di mare ha infatti perduto la sua originale funzione. Non vi stazionano che pochissime imbarcazioni nella porzione ubicata oltre piazza Ponterosso. L’acqua è prevalentemente ferma e sporca.
L’attuale fontana, decisamente male inserita nel contesto e di scarsissima qualità formale sottrae spazio pubblico, impedendo di fatto un utilizzo coerente dell’area antistante i locali ricettivi presenti e la chiesa serbo ortodossa, necessitante, invece, di uno spazio antistante di dimensioni adeguate per sottolinearne la presenza.
In luogo dell’elemento “acqueo” il progetto propone la collocazione in sito di un’opera d’arte contemporanea.
In alcune delle soluzioni presentate, come sopra riportato, sono previste “vasche” alternative, con diverse forme, funzioni e suggestioni.

Le opere pubbliche e l’arte

La valorizzazione dello spazio pubblico, da decenni, grazie alla normativa italiana sui lavori pubblici, ha consentito di inserire, nei quadri economici di progetti di opere pubbliche, una quota parte da destinare a opere d’arte.
A Trieste, un precedente esemplificativo è la scultura “neo manierista” di Carlo Borghi antistante lo stadio Grezar. Si tratta di un’opera scuoltorea che certamente accresce il valore spaziale del luogo. Così come la Minerva di Marcello Mascherini antistante I propilei della sede dell’Università di piazzale Europa o, dello stesso autore, il “cantico dei cantici” di piazza Oberdan.
Si tratta di una prassi diffusa nel mondo, che ha promosso, in luoghi come Manhattan, alcuni dei maggiori artisti contemporanei: come non pensare al celebre LOVE di Robert Indiana, o alla scultura di gruppo di quattro alberi a lower Manhattan di Jean Dubuffet, o, ancora, alla sfera di Arnaldo Pomodoro fuori dalla sede delle Nazioni Unite a New York.
Ma anche il Teodelapio di Alexander Calder per Spoleto, del 1962 e la scultura di SOFTlab, per la Flatiron Public Plaza, a Manhattan – New York del 2015, la scultura intitolata “Contrappunto – Scultura modulare urbana”, opera dello scultore Massimo Ghiotti, collocata nel Giardino della Circoscrizione in corso Vercelli 15 a Torino, la “ciliegia nel cucchiaio” di Claes Oldenburg per Indianapolis, l’“aliante tra cielo e mare” di Massimo Scolari a Venezia, la “montagna di sale” di Mimmo Paladino per la piazzetta reale a Milano, e per Gibellina, ecc.
In tale ottica, il progetto per piazza Sant Antonio propone un luogo, verso via Filzi, da destinare alla collocazione di un’opera d’arte contemporanera, da inviduare tramite concorso di idee o, più semplicemente, individuando un autore di chiara fama da parte di una commissione di esperti.
La posizione, disassata, è individuata quale spazio non interferente con la vista prospettica.
La scelta, in luogo di “costose” fontane (sia per manutenzione e gestione che per realizzazione), orientata dal rinnovato contemporaneo rapporto Arte/Architettura.
Un rapporto utile in termini culturali, necessario probabilmente, e finalizzato ad implementare le risorse della città in termini di richiamo e valorizzazione turistica.

La raccolta rifiuti

Nell’ottica della ri organizzazione della piazza e della totalità dell’intorno urbano del “canale del Ponterosso”, l’idea progettuale che prevede l’eliminazione di ogni ostruzione visiva per esaltare la vista propettica verso la chiesa di Sant Antonio e verso il mare, ha portato inevitabilmente ad optare per lo spostamento dei cassonetti per la raccolta dei rifiuti.
Gli stessi sono previsti spostati su via Filzi, in adiacenza alla piazza, fuori da questa, lungo un asse di scorrimento che si pone in congruenza con l’attività di raccolta rifiuti: la via è agevole e facilmente accessibile per i mezzi per la raccolta rifiuti. La doppia carreggiata permette, peraltro, la possibilità di non bloccare il traffico urbano.

Organizzazione del cantiere

L’intervento si caratterizza per evidenti criticità riguardanti l’organizzazione del cantiere e lo sviluppo delle lavorazioni. Il cantiere è infatti caratterizzato da:

  • presenza continuativa di passanti;
  • attività commerciali

Prime indicazioni sulla sicurezza nei cantieri

La redazione degli elaborati progettuali e la realizzazione delle opere tengono e terranno conto di quanto disposto dai D.Lgs 50/16 e D.Lgs 81/08 e successive modifiche e integrazioni.
In particolare verrà redatto un Piano di Sicurezza e Coordinamento corredato da fascicoli per la riparazione e manutenzione delle opere e da un Capitolato Speciale per la Sicurezza.
Il Capitolato Speciale d’Appalto riporterà in appositi articoli, quanto disposto dai citati Decreti Legislativi.
I lavori sono prevalentemente relativi a opere edili riguardanti la riqualificazione della piazza Sant’Antonio e delle vie limitrofe. il Piano di Sicurezza e Coordinamento terrà conto delle diverse lavorazioni previste e ne valuterà i rischi.
Rispetto alla valutazione dei rischi, alla quale concorreranno tempistiche e possibili interferenze tra lavorazioni e il normale utilizzo delle aree extra cantiere, verranno date precise indicazioni.
Di particolare rilevanza è la possibile interferenza del cantiere con la presenza di attività legate al traffico traffico pedonale e alla presenza di attività commerciali.
Disposizioni verranno date per la redazione del POS da parte della Impresa appaltatrice.
Il Piano di Sicurezza riporterà un cronoprogramma dei lavori (GANNT), un layout del cantiere (o di diverse aree di cantiere), le schede relative ai rischi, ai DPI, e ogni informazione utile, compresi indirizzi e telefoni per interventi di urgenza.
Ogni lavorazione sarà oggetto di specifica trattazione.
Si riportano di seguito alcune prime riflessioni di carattere generale su ciò che deve essere e ciò che non deve essere il Piano di Sicurezza e Coordinamento e sui compiti dei principali soggetti della sicurezza nel cantiere.

Generalità sul piano di sicurezza e di coordinamento (PSC)

Ai fini dell’efficacia preventiva, il PSC deve, quanto meno, essere:
specifico per quella singola opera/stralcio funzionale, ecc.;
leggibile (e quindi comprensibile), dalle imprese, dai lavoratori autonomi e dai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS);
realizzabile, cioè traducibile concretamente dai responsabili tecnici delle singole imprese e dai lavoratori autonomi;
controllabile in ogni momento.
Dal punto di vista tecnico, il PSC deve inoltre risultare:

  •  integrato con le scelte progettuali;
  •  articolato per fasi lavorative;

La suddivisione dell’opera in fasi di lavoro permette infatti di individuare più facilmente:

  •  i rischi specifici e reali per quel contesto;
  •  i momenti critici dovuti a lavorazioni interferenti;
  •  le modalità per eliminare o ridurre detti rischi;
  •  quali soggetti abbiano in carico i suddetti obblighi di sicurezza;
  •  la stima dei costi della sicurezza;
  •  sufficientemente analitico da individuare le tecnologie, le attrezzature, gli apprestamenti, le procedure esecutive e gli elementi di coordinamento tali da garantire la sicurezza per l’intera durata dei lavori;
  •  utilizzabile dalle imprese per integrare l’addestramento dei lavoratori addetti all’esecuzione di quell’opera.

Il PSC non deve dunque essere un trattato di tutti i rischi tradizionali del settore né una raccolta delle leggi sulla sicurezza.
Il PSC deve invece affrontare, per ogni fase operativa, in maniera prioritaria, i rischi più rilevanti e le situazioni più critiche realmente presenti, trovando soluzioni realizzabili nel campo delle procedure esecutive, degli apprestamenti, delle attrezzature e del coordinamento.
Per essere realmente utile deve poi essere comprensibile dai soggetti cui è rivolto, ricorrendo a soluzioni quali:

  •  l’utilizzo di disegni ed indicazioni tecniche operative.

Va prevista almeno una planimetria dell’area di cantiere con la disposizione degli spazi, la dislocazione delle attrezzature e degli apprestamenti; ove richiesto dalla complessità dell’opera, la planimetria è riproposta per ogni fase.
Vanno previste eventuali sezioni significative dell’opera con indicazione degli apprestamenti necessari.
la possibilità di dividerlo in schede specifiche ad uso delle singole imprese interessate che, pur avendo preso visione dell’intero PSC, consulteranno operativamente solo la parte di competenza.
In definitiva, il PSC fa parte integrante del contratto d’appalto tra Committente e impresa/e incaricata/e e va perciò sottoscritto da tutte la parti contraenti, comprese le eventuali imprese e lavoratori autonomi individuati successivamente. Inoltre, per presa visione, è opportuno venga richiesta la firma anche del Direttore Lavori e del/i RLS, ove presente/i.

Soggetti della sicurezza e PSC

Ai fini della corretta stesura e gestione del PSC necessita fare chiarezza sui compiti delle diverse figure coinvolte nell’attività di cantiere.
Schematicamente, con eventuali adattamenti sulle singole realtà, possono essere ribaditi i seguenti concetti:
I principali compiti del Coordinatore per la progettazione sono:
– redigere, contestualmente alla progettazione, un PSC ed un Fascicolo che interagiscano con le scelte del Progettista sulle soluzioni ingegneristiche e tecnologiche nonché sui materiali per migliorare la sicurezza in cantiere;
– fornire indicazioni utili ed eventualmente supportare il committente per la scelta delle imprese e lavoratori autonomi al fine di poter valutare l’idoneità tecnico professionale e la rispondenza dei concorrenti alle esigenze di sicurezza specificate nel PSC.
I principali compiti del Coordinatore per l’esecuzione sono:

  •  gestire il PSC come parte integrante del contratto tra Committente ed imprese o lavoratori autonomi;
  •  sorvegliare il livello generale di sicurezza del cantiere:
    1. garantendo la frequenza delle visite in cantiere sulla base della complessità dell’opera e del grado di affidabilità delle imprese, ivi compreso l’addestramento professionale delle maestranze;
    2. assicurando la sua presenza nelle fasi di maggiore criticità per la sicurezza al fine di controllare l’applicazione delle prescrizioni;
    3. verbalizzare ogni visita di cantiere, ogni disposizione impartita per il rispetto del PSC, ogni verifica degli avvenuti adeguamenti, ogni integrazione o adeguamento apportati al PSC e, in generale, ogni comunicazione trasmessa alle imprese o da queste ricevuta. In pratica, l’insieme dei verbali costituirà la storia della sicurezza di quel cantiere. E’ sempre opportuno che il verbale sia sottoscritto dai responsabili delle imprese e dai lavoratori autonomi interessati.
  •  verificare l’idoneità del POS ed eventualmente deciderne l’adeguamento da parte delle imprese al fine di assicurarne la coerenza al PSC;
  •  verificare l’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le Parti Sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere;
  •  valutare e, a discrezione, accogliere le proposte dell’impresa integrative del PSC al fine di meglio garantire, senza aumento di costi, la sicurezza nel cantiere;
  •  adeguare il PSC qualora se ne presenti la necessità, informandone le imprese interessate ed i lavoratori autonomi;
  •  adeguare il Fascicolo tecnico;
  •  intervenire con gli strumenti che gli sono assegnati dal D.Lgs 81/08.

In generale, compito del Coordinatore per l’esecuzione è rapportarsi con le imprese ed i lavoratori autonomi e non con i singoli lavoratori il cui controllo circa il rispetto dei comportamenti di sicurezza (uso corretto di attrezzature e DPI ecc…) deve essere garantito dall’impresa (Datore di lavoro / Dirigente / Preposto).

Nell’evidenza di un diffuso mancato uso o di un uso improprio di misure di sicurezza che costituisca inosservanza delle disposizioni di cui agli articoli 7, 8, 9 ed alle prescrizioni del piano di cui al Dlgs. 81/08, il compito del Coordinatore per l’esecuzione è quello di proporre al Committente o al Responsabile dei lavori, tre diversi gradi di intervento:

  •  la sospensione dei lavori;
  •  l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi;
  •  la risoluzione del contratto.

Nel caso in cui il Committente, o il Responsabile dei lavori non adotti alcun provvedimento in merito alla segnalazione, senza fornire idonea motivazione, il Coordinatore per l’esecuzione provvede a dare comunicazione dell’inadempienza alla AUSL competente ed alla Direzione Provinciale del Lavoro.

In caso di pericolo grave e imminente il Coordinatore per l’esecuzione deve sospendere le singole lavorazioni.
Per poter svolgere i compiti affidatigli è fatto divieto che il Coordinatore per l’esecuzione venga individuato nel datore di lavoro dell’impresa esecutrice.
Il Progettista e il Direttore dei Lavori, quando ritengano vi sia la necessità di apportare varianti al progetto, sono tenuti ad interpellare preventivamente il Coordinatore per l’esecuzione al fine di adeguare i criteri di sicurezza;
Relativamente al PSC i principali compiti di ogni impresa e di ogni lavoratore autonomo che opereranno in un determinato cantiere sono di:

  •  prendere visione del PSC già in fase di formulazione del preventivo;
  •  sottoscriverlo o chiederne integrazioni;
  •  portarlo a conoscenza dei RLS e/o dei lavoratori ed acquisirne parere;
  •  attenersi alle indicazioni contenute nel PSC ed a quelle impartite dal Coordinatore per l’esecuzione;
  •  redigere e/o sottostare al Piano Operativo di Sicurezza, consegnato al Coordinatore per l’esecuzione prima dell’inizio dei lavori: contattare il Coordinatore per l’esecuzione, al fine di acquisirne il parere favorevole, ogni volta che si rendano necessarie variazioni delle modalità operative o di sicurezza.

Occorre ricordare che, nel caso in cui dopo l’affidamento dei lavori ad un’unica impresa, l’esecuzione dei lavori o di parte di esse, sia affidata ad una o più imprese, il Coordinatore per l’esecuzione è obbligato a redigere il PSC ed a predisporre il fascicolo tecnico.

Tempistica

I tempi per l’esecuzione delle opere sono in funzione delle lavorazioni e tengono in considerazione le complessità derivanti dalla tipologia del cantiere come riportato in precedenza nella presente relazione di progetto.
Una plausibile tempistica, tenuto conto delle difficoltà espresse in precedenza, fa presumere una tempistica pari a circa 18 mesi di cantiere.

Costi di realizzazione

I costi di realizzazione tengono conto delle seguenti componenti:

  •  opere strutturali – fondazioni e massetti;
  •  opere edili – pavimentazioni stradali/opere in pietra naturale;
  •  opere edili di finitura;
  •  impianti elettrici e di illuminazione pubblica;
  •  sgrondo acque meteoriche;
  •  elementi di arredo.

Tali costi, considerate le dimensioni dell’intervento, tipologie similari di intervento valutate con il listino ufficiale della Regione Friuli Venezia Giulia 2018 e costi parametrici di mercato, portano a un costo preventivato preliminarmente per lavori pari a Euro 3.000.000,00 oneri della sicurezza inclusi.

Normativa di riferimento

  •  Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici;
  •  Regolamento Edilizio del Comune di Trieste;
  •  Disposizioni e Regolamenti Ausl;
  •  Decreto del Ministero delle Infrastrutture del 14/01/2008 – Norme Tecniche per le Costruzioni;
  •  Decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151 – Regolamento di prevenzione incendi e ogni altra norma applicabile in materia;
  •  Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 24/12/2015 – Criteri ambientali minimi per l’affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici e per la gestione dei cantieri della Pubblica Amministrazione;
  •  Norme CEI – UNI – CNR applicabili;
  •  Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e ss.mm.ii. – Testo Unico sulla Sicurezza e la Salute nei luoghi di lavoro;
  •  Legge 168/68;
  •  Norme CEI rispondenti alle disposizioni della Legge 37/08;
  •  Legge 10/91.

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